MARE DI MEZZO


I notiziari giornalmente propongono immagini di persone in fuga dall’Africa e dal Medio Oriente. Gente in viaggio, in movimento, in fuga da guerre e persecuzioni.

In Europa l’opinione pubblica si è abituata a immagini di migranti, di barche che affondano, di stragi in mare, fino al punto di diventare cinici e insensibili rispetto all’argomento.

L’indifferenza generale in contrapposizione con la drammaticità dei fatti mi ha spinto ad agire, nell’unica forma che conosco: costruendo una chitarra.

Un anno fa ho cominciato a sviluppare l’idea di uno strumento che con la sua voce raccontasse la storia dei migranti nel mediterraneo ed ho deciso di realizzarla con frammenti dei barconi arrivati a Lampedusa, l’isola italiana più vicina all’Africa, il principale punto d’approdo dei barconi e delle navi di salvataggio. Sull’isola c’è un enorme cimitero di barche, materiale sequestrato  senza possibilità d’accesso. Grazie al supporto dell’associazione On The Move e della giornalista Flore Murard mi sono messo in contatto con Francesco Tuccio, falegname isolano, l’unico che, avendo costruito la croce a Papa Francesco, ha accesso al deposito. Gli è piaciuto il progetto e mi ha mandato i pezzi necessari alla costruzione dello strumento.

Ci ho messo sei mesi, durante i quali mi sono scontrato con le difficoltà del legno, così diverso dai legni usati in liuteria, ricercando un suono forte, luminoso che rimandasse al viaggio compiuto dalle barche e dalle persone, cercando di richiamare le loro voci e quella del mare.

Ho chiamato la chitarra  “Mare di Mezzo”, traduzione di Bahr Alwasat, “Mediterraneo” in arabo.

Giulio Carlo Vecchini